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Archive for gennaio 2010

Oggi, Giorno della Memoria, con piacere voglio segnalare la mostra fotografica di Bruno Maran “Trieste, Risiera di San Sabba”, aperta il 15 gennaio al Museo dell’Internamento a Padova.

Ho conosciuto Bruno all’aeroporto di Verona nei primi giorni del febbraio 2008, in partenza per il Kosovo, pochi giorni prima della dichiarazione di indipendenza, e ho subito avuto la sensazione di una condivisa volontà di andare ad assistere ad un evento guardando con occhi (e la macchina fotografica) “critici”, cioè non contro qualcuno ma ben attenti alla realtà delle cose, dei luoghi e delle persone e non acriticamente dietro i proclami di chiunque.

Poi ho potuto conoscere meglio il lavoro di Bruno, e ci siamo anche incontrati a qualche evento, sempre legato ai Balcani, alle città in guerra, al post-conflitto, alle città divise, ai luoghi della memoria. Ne ho apprezzato e ne apprezzo il lavoro, le foto e il modo di raccontare la realtà che ci circonda.

Per una breve sintesi biografica di Bruno Maran, rinvio a un post di Balkan Crew, scritto con molto entusiasmo, così potete coglierne le notizie essenziali….e così non mi ripeto.

L’esposizione fotografica è:

Museo dell’Internamento

Trieste, Risiera di San Sabba

fotografo Bruno Maran

dal 15 gennaio al 6 febbraio 2010

Giorno della Memoria – 27 gennaio
evento speciale con proiezione video
ore 11.30

da giovedì a domenica ore 9.00 – 12.00

Viale dell’Internato Ignoto 24 – Padova

info 049 8033041
http://www.artcontroluce.ithttp://www.museodellinternamento.it

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A Lisbona ho avuto l’occasione di vedere l’esposizione fotografica “Direito à Memória e à Verdade. A Ditadura no Brasil 1964-1985”, organizzata dalla Segreteria Speciale dei Diritti Umani della Presidenza della Repubblica brasiliana.

L’eposizione è stata ideata originalmente come momento di commemorazione dell’anniversario della promulgazione della Legge di Amnistia del Brasile, ed è stata aperta al pubblico per la prima volta nel 2006. Il progetto del Governo del Brasile punta a non far dimenticare una pagina di storia che è stato il periodo più buio della storia repubblicana del Brasile.

L’esposizione porta il visitatore attraverso la cronaca di quegli anni nei quali la privazione delle libertà e la violazione dei diritti politici e civili ha caratterizzato la vita del Brasile. La dittatura del Brasile è meno conosciuta di quelle di altri paesi, forse perchè sotto certi aspetti è stata meno violenta e meno caratterizzata da fatti enormemente tragici come ad esempio in Cile o in Argentina. Ciò non toglie che il periodo delle dittature militari in America Latina ha visto anche in Brasile la presa del potere di un governo autoritario e la privazione delle libertà fondamentali per ben vent’anni.

Il progetto quindi restituisce non solo alle vittime ma anche a tutti i cittadini brasiliani il diritto a ricordare quegli anni e a vedere riconosciuto ciò che è successo. E la memoria deve essere da monito soprattutto per le nuove e future generazioni. Anche per questo all’interno del progetto è stato organizzato anche un corso, che trovate al seguente indirizzo http://www.direitomemoria.org.br/ .

C’è anche una pubblicazione, disponibile gratuitamente online all’indirizzo http://www.presidencia.gov.br/estrutura_presidencia/sedh/.arquivos/livrodireitomemoriaeverdadeid.pdf .

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Le città divise sono un fenomeno che ritroviamo in tutti i continenti, con alcuni casi che, sebbene siano poco trattati e poco conosciuti dai nostri media, rappresentano alcune delle situazioni più critiche e più violente rispetto al tema delle società urbane contese.

Uno di questi casi è Jos, la capitale del Plateau Sate in Nigeria, che da diversi anni è luogo di aspre contese, di scontri e di gravi fatti di sangue tra la popolazione cristiana e la popolazione musulmana.

È di oggi la notizia che almeno 200 persone sono morte in scontri avvenuti nei giorni scorsi, così come riportato da Human Rights Watch e ripreso da un articolo della BBC, “Nigeria religious riots kill 200 in Jos”. Sono state incendiate chiese, moschee e moltissime case. Il problema è che questi scontri così violenti e con così tanti morti non sono una novità: nel novembre 2008 avvennero fatti simili, anche in quel caso con centinaia di morti (vedi articolo di allora del Corriere).

Ed infatti l’analisi fatta da Shehu Saulawa, BBC Hausa, sottolinea come Jos “has long been a time-bomb waiting to explode“.

Qui di seguito la descrizione di Jos nell’analisi della BBC:

The town is split into Christian and Muslim areas. The divisions have been perpetuated by Nigeria’s system of classifying people as indigenes and settlers. Hausa-speaking Muslims have been living in Jos for many decades but are still classified as settlers, meaning it is difficult for them to stand for election. The two groups are also divided along party political lines with Christians mostly backing the ruling PDP, and Muslims generally supporting the opposition ANPP. In Nigeria, political office means access to resources.”

Jos è quindi un caso emblematico di città divisa e niente è stato fatto in questi anni per prevenire la violenza. Ciò che colpisce di più è che nella descrizione del sito ufficiale del governo del Plateau State la città viene descritta come un luogo di convivenza e di pace: “With a population of about 1,000,000, Jos remains one of the most cosmopolitan cities in Nigeria. It is adjudged the “home of peace” or as the safest city to live in Nigeria.”

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I muri continuano ad aumentare. Sono da poco finiti gli echi delle celebrazioni per l’anniversario dei vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, ed ecco la notizia di un nuovo muro, anzi, di un altro muro in un’area che di muri ne conosce già e sono alcuni dei muri fisici più “duri” tra quelli attuali.

È di pochi giorni fa infatti la decisione di Israele di costruire un nuovo muro, un altro muro. Verrà eretto nell’unica parte di confine ancora senza reticolati, e cioè quella dei 266 kilometri di frontiera con l’Egitto: verranno eretti in tutto 112 Km di muro, 66 a sud vicino alla città Eilat sul Mar Rosso e 66 a nord affianco alla Striscia di Gaza.  Vi segnalo due articoli in merito a questa notizia, quello della BBC News, “Israel to construct barrier along Egyptian border,  e quello del Sole24Ore, “Un altro muro a difesa di Israele” (la foto del post è presa dall’articolo del Sole24Ore).

Appaiono significative alcune affermazioni riportate dai due giornali. «Alla fine non ci sarà scelta se non chiudere lo stato d’Israele in una barriera da ogni suo lato», ammette Bibi Netanyahu, il premier. «Volevamo diventare Atene. Una volta per tutte diventeremo la nuova Sparta», commenta il giornale Yedioth Ahronoth.

Questa volta la giustificazione del muro non è data dal pericolo dei militanti palestinesi, ma dal problema generale delle migrazioni che affligge tutto il “Nord del mondo”: la nuova barriera infatti verrà eretta per impedire l’immigrazione clandestina, perché «Siamo il solo paese del primo mondo dove la gente può venire a piedi dal terzo mondo e dall’Africa” ha affermato sempre il primo ministro.

Non è però del tutto errata la considerazione che si punti non solo alla difesa del territorio, ma alla preservazione della stessa identità ebraica. La BBC infatti riporta che “I took the decision to close Israel’s southern border to infiltrators and terrorists. This is a strategic decision to secure Israel’s Jewish and democratic character,” the prime ministers said in a statement.

La difesa dell’ebraicità è dunque implicita in questo nuovo muro, anche se, come scrive il Sole24Ore, la vocazione settaria sembra incompatibile con quella democratica”.

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