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Posts Tagged ‘Andrea Rossini’

E’ da poco uscito un libro interessantissimo di due cari amici, due delle persone che ritengo tra le più competenti che io abbia conosciuto in questi anni di lavoro, Michele Nardelli e Mauro Cereghini. Il libro si intitola “Darsi il tempo. Idee e pratiche per un’altra cooperazione internazionale“, edito da EMI.

darsi-il-tempoDalla presentazione sulla quarta di copertina:

“La cooperazione internazionale allo sviluppo è una grande novità emersa nel ventesimo secolo. Guerre, povertà, catastrofi naturali, situazioni di abbandono avrebbero avuto un impatto ancora più grave se non ci fosse stata la risposta puntuale di persone, gruppi, organizzazioni e governi disposti ad intervenire. Grandi temi come il divario Nord Sud, la disuguaglianza dei mercati, il debito internazionale o le politiche ambientali sono entrati nelle nostre case grazie all’impegno di campagne e organismi della cooperazione internazionale.
Ma tutto questo è passato.
Oggi il mondo della cooperazione è in crisi e il concetto stesso di aiuto allo sviluppo appare superato. Crisi di senso, perché non si sa più verso quale sviluppo è realistico muoversi. E crisi di efficacia, perché spesso conta più la visibilità dei donatori che il risultato per i beneficiari. Occorre allora ripensare la cooperazione in un mondo che non è più quello del Novecento. Occorre fermarsi e riflettere.
Darsi il tempo è un saggio sulla cooperazione internazionale, ma anche il racconto di idee e pratiche raccolti in anni di esperienze sul campo. E’ un invito ad abbandonare la retorica dell’aiuto – perché nessuno è solo povero – e ad oltrepassare la logica dell’emergenza – perché agire responsabilmente significa prendersi il tempo per conoscere. Un’altra idea della cooperazione, che esige un pensiero diverso. (altro…)

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Ho conosciuto Bogdan Bogdanović.

Per chi lo conosce non devo aggiungere altro per far capire la portata, in termini personali per me, dell’evento. Nello studiare i Balcani, le memorie, le città, l’anima delle città, i simboli delle città e delle società, Bogdanović è uno degli intellettuali di riferimento.

Architetto, intellettuale, dissidente, disegnatore, artista, pensatore acuto e ironico, è uno di quei personaggi che lasciano il segno, e che, pur avendo superato abbondantemente gli ottant’anni, non smettono mai di avere una freschezza di pensiero e una attualità di idee che lascia quasi spiazzati. Anche se purtroppo, non conoscendo bene né il serbo né il tedesco, non ho mai potuto direttamente leggere neanche uno dei suoi tanti libri, ho letto molti suoi scritti brevi, molte sue cose tradotte e rese disponibili online, molte interviste, molti documenti. E vi assicuro che bastano poche righe per capire subito la grandezza dell’uomo e dell’intellettuale. Ad esempio, basta leggere questa intervista su Eurozine, che è un piccolo sunto delle sue idee, per ricavarne molti stimoli davvero interessanti sulle città e sulla nostra società.

Non è questo il luogo dove riportare la biografia di Bogdanović, troppo ricca, ma credo basti dire che è uno dei più grandi architetti contemporanei serbi, è stato presidente degli architetti jugoslavi, autore di moltissime opere sparse per tutto quello che era il territorio jugoslavo, Sindaco di Belgrado negli anni ’80, poi dissidente, finché nel 1993 ha deciso di lasciare la Serbia per “rifugiarsi” a Vienna, dove tuttora vive.

Voglio qui ricordare due cose di Bogdanović che ritengo fondamentali. È lui ad aver coniato il termine “Urbicidio” per definire l’atroce attacco, nelle guerre balcaniche degli anni ’90, portato alle città e alla società cosmopolita che esse rappresentavano. Per Bogdanović l’urbicidio è “una opposizione manifesta e violenta ai più alti valori della civiltà“, intendendo quindi con esso non solo la distruzione fisica delle città, ma anche la distruzione simbolica della cultura espressa dalle città, dello spirito e della convivenza urbana.

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Bogdanović è poi l’autore del bellissimo monumento del memoriale di Jasenovac, il Fiore, simbolo di pace e di riconciliazione che domina il paesaggio di quel luogo così denso di significato, inaugurato nel 1973 dove era stato allestito il più grande campo di concentramento dei Balcani della Seconda Guerra Mondiale. Quel monumento è stato  osteggiato prima dai croati, poi dai serbi, e ancora adesso Jasenovac è uno di quei luoghi che dividono le memorie, tra spinte nazionaliste e negazionismo storico. Un bellissimo documentario di Osservatorio sui Balcani, Il Cerchio del Ricordo, curato da Andrea Rossini, ne racconta la storia e il significato attraverso anche le parole dello stesso Bogdanović.

Per questa opera Bogdanović ha anche vinto lo scorso anno il premio Carlo Scarpa, assegnato dalla Fondazione Benetton Studi e Ricerche. Per capire il significato di tale monumento, ma anche di tutta l’opera di Bogdanović, leggete gli articoli tratti dall’Osservatorio sui Balcani.

Conoscere Bogdanović è stata un’esperienza davvero emozionante. Nella penombra della sua casa di Vienna, nel salone illuminato solo dalle luci puntate sul suo tavolo da lavoro, ovviamente pieno di disegni e con un disegno in stato avanzato, che dimostra una attività continua e senza sosta. È stato un incontro assolutamente informale, quasi intimo, per il quale ringrazio Nicole Corritore di Osservatorio sui Balcani che ci ha accompagnati (con me c’era anche la mia collega Maria Teresa):  Bogdan, in vestaglia, segnato dagli anni che avanzano, aiutato dalla splendida moglie, ha mostrato una vivacità coinvolgente e un’umanità profonda che ora porto “gelosamente” con me.

Hvala i vidimo se, Bogdan!

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