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Posts Tagged ‘confine’

Leggo oggi su Repubblica.it una notizia, riportata nella sezione TV, che desidero riportare subito, sia per l’attualità che il tema dell’immigrazione continua ad avere più come emergenza che come politiche di integrazione, sia perchè si inserisce secondo me in modo interessante sulla riflessione sugli impatti della crisi sulle nostre società.

usa-mexico-border-wallLa polizia di frontiera statunitense ha deciso di diffondere oltre il muro del confine con il Messico canzoni in lingua spagnola che descrivono la vita drammatica dei clandestini messicani negli Stati Uniti, in modo da dissuadere appunto i messicani e le altre persone dal tentare la fortuna oltre confine. Una sorta di pubblicità anti-immigrazione, un’azione persuasiva fatta con le stesse voci dei latinos, un tentativo quasi “occulto” di auto-convincimento che dovrebbe spingere le migliaia di clandestini a pensare che non conviene scappare dai loro paesi e rischiare.

Sul confine e sul muro Messico-Stati Uniti c’è online molto materiale e vi segnalo un bell’articolo su National Geographic con bellissima galleria fotografica da cui è tratta anche la foto qui su (di Cook and Jenshel). (altro…)

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Esattamente un anno fa, con l’ingresso nell’area Schengen della Slovenia, cadeva definitivamente il confine tra Italia e Slovenia. Sebbene si sia sempre definito questo come il confine più aperto della cortina di ferro ai tempi della Jugoslavia, e sebbene dal 1991 con l’indipendenza della Slovenia e soprattutto con l’allargamento europeo e l’ingresso nella UE nel 2004 sempre meno rigidi sono stati i controlli di frontiera, non si può sottovalutare la portata dell’evento.

Occorre ricordare che si tratta di un confine che storicamente ha rappresentato la divisione tra due mondi, che su questo confine si sono abbattutte le diverse tragedie del ‘900, le due guerre mondiali, i regimi dittatoriali (quello fascista dopo la Prima Guerra Mondiale, quello nazista, e poi quello jugoslavo/titino dopo la Seconda Guerra Mondiale), che in questo angolo di terra abbiamo avuto la Risiera e le foibe, che le violenze hanno colpito i diversi popoli, italiano, sloveno e croato, che c’è stato un esodo quasi totale di un popolo dimenticato per anni dalla storia (l’esodo degli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia), e infine che questo è un confine di memorie contrapposte dove ancora oggi qualcuno cerca di nascondere o negare le rispettive violenze (ad es. chi nega o sminuisce le foibe e chi nega o sminuisce le violenze fasciste). (altro…)

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In pochi giorni sono usciti due miei articoli sul sito Osservatorio sui Balcani, per certi aspetti simili ma per altri molto diversi tra loro.

Gli articoli sono ospitati in una interessantissima sezione del sito, AestOvest, che è nata su un progetto che intende “percorre quel ”confine mobile” che molto ha diviso, ma che ora è divenuto più che mai un’opportunità di relazioni“.

Un articolo è sui “segni del confine” a Gorizia, testo che ho condiviso, ma attingendo molto dalle sue ricerche goriziane, con Guido Barella, amico e giornalista attento alle storie del confine. L’articolo tratta delle schizofrenie della storia anche rispetto ai segni, ai simboli del confine, e come questi hanno avuto storie e destini diversi.

“I “segni” parlano, e ci raccontano tutta l’incongruenza di questa realtà “post”, post muro di Berlino, post dissolvimento della Jugoslavia, post tutto.

L’altro articolo è invece sui riti del confine, su Trieste e i suoi miti, “Riti e miti triestini”, nel quale ho messo anche un po’ di miei ricordi, dei passaggi, delle storie di confine. Il senso però è quello di sottolineare come nel vivere il confine Trieste è sempre stata a cavallo tra vicinanza e lontananza, appartenenza e indifferenza, mito e realtà.

La storia è cambiata anche su questo confine e Trieste dovrebbe riuscire a guardare avanti senza rivolgersi solo ai suoi miti:

Allora tra i miti e i riti di confine Trieste deve ancora trovare un suo ruolo nuovo, una dimensione diversa dall’essere confine di contrapposizione. Tutti hanno la propria storia, i propri ricordi, le memorie, ma anche la propria quotidianità che crea ancora vicinanza o lontananza. Il confine ora è caduto e Trieste dovrebbe sforzarsi di essere una città di confine che guarda avanti, che sa fare delle storie personali una storia collettiva.”

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