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Posts Tagged ‘Sole24Ore’

Possibile pensare a Rio de Janeiro senza favelas? Possibile riuscire davvero a cambiare faccia alle metropoli del Brasile? Così è nelle intenzioni del Presidente Lula, anche se sembra un “sogno” legato  alle possibilità che danno le grandi manifestazioni sportive che la metropoli carioca ospiterà nei prossimi anni.

Vi segnalo su questo l’articolo che pochi giorni fa ha pubblicato il Sole24Ore dal titolo “Favelas addio? Lula cambia faccia a Rio” , con un bel reportage di Roberto Da Rin.

Scrive Da Rin: “È una di quelle sfide epocali che solo un Paese come il Brasile puó annunciare. Non solo rifondare, riprogettare una grande cittá, ma ripensare al modo di essere e di vivere di 12 milioni di abitanti. Immaginare una nuova “cosa”: Rio de Janeiro mondata dalle sue infamie. Senza favelas, senza narcotraffico, una rinascita per le 165 cittá-nella-cittá che negli ultimi cent’anni si sono moltiplicate davanti, dietro e a fianco del Cristo Redentore. Abbattere, ricostruire, fornire una rete elettrica e idrica. Non è un sogno, è un progetto politico, infrastrutturale e sociale che il sindaco di Rio, il giovane Eduardo Paes, 40 anni, lancia con l’aiuto di Lula, il presidente-operaio che l’anno prossimo terminerá trionfalmente il suo secondo mandato e che oggi veleggia sopra l’80% di consensi.
Paes, per pragmatismo, non vuol sentire parlare di utopia, ma di progetto
.”

Un grande piano urbanistico che dovrebbe cambiare faccia a Rio de Janeiro e di conseguenza al Brasile intero, tra sogni e azioni concrete. I grandi appuntamenti, Mondiali di calcio 2014 e Olimpiadi 2016, rappresentano cenrto una grande opportunità per il Brasile, con gli ingenti finanziamenti che arriveranno, ma anche un rischio, perchè tutti gli occhi del mondo saranno puntati sul paese e sui suoi contrasti.

In questi anni a Rio ci sono state molte iniziative nel settore dell’abitazione e del recupero urbano e sociale di quartieri degradati, promosse e sostenute dalla Secretaria Municipal de Habitação della Prefettura della città (vedi sito), alcune delle quali inserite nel Programa de Aceleração do Crescimento (PAC – vedi mappa ), altre nel programma Favela-Bairro (vedi mappa).

Al di là dei sogni, a Rio de Janeiro una nuova politica urbana rispetto alle favelas e agli insediamenti illegali è già iniziata: ad esempio è stato stabilito che 119 favelas saranno completamente rimosse entro la fine del 2012, su una lista stabilita dalla Prefettura di Rio de Janeiro, favelas situate in zone a rischio ambientale.  Certo è che circa 2, 34 milioni di metri quadrati “liberati” verranno destinati alla costruzione di campi da gioco in vista delle Olimpiadi del 2016. La Prefettura di Rio afferma che tutti gli abitanti delle favelas rimosse potranno scegliere una casa alternativa, ma le azioni messe in campo non sempre sembrano avere l’obiettivo di dare un’abitazione dignitosa a tutti gli abitanti della metropoli.

Scegliere tra rimozione e contenimento delle favelas è una falsa questione, almeno finchè non vengono attuate delle vere politiche di cittadinanza e di accesso all’abitazione adeguate alla realtà della città e del paese, come afferma in un editoriale Jorge Luiz Barbosa, coordinatore dell’  Observatório de Favelas: “… deve-se considerar o acesso à moradia como uma política pública mais ampla do que construir unidades habitacionais, pois além da infra-estrutura necessária de saneamento e transporte, é indispensável incluir ações de geração de trabalho e renda, assim como os investimentos em serviços educacionais e culturais, para os espaços populares já consolidados e os em consolidação. Trata-se, portanto, de política urbana democrática e transformadora, pois permitirá que direitos fundamentais sejam reparados e assegurados, sobretudo para as comunidades marcadas pela desigualdade sócio-territorial. É papel do Estado – com a participação democrática da sociedade civil – promover políticas públicas de integração da cidade como um todo. Eis a questão!

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I muri continuano ad aumentare. Sono da poco finiti gli echi delle celebrazioni per l’anniversario dei vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, ed ecco la notizia di un nuovo muro, anzi, di un altro muro in un’area che di muri ne conosce già e sono alcuni dei muri fisici più “duri” tra quelli attuali.

È di pochi giorni fa infatti la decisione di Israele di costruire un nuovo muro, un altro muro. Verrà eretto nell’unica parte di confine ancora senza reticolati, e cioè quella dei 266 kilometri di frontiera con l’Egitto: verranno eretti in tutto 112 Km di muro, 66 a sud vicino alla città Eilat sul Mar Rosso e 66 a nord affianco alla Striscia di Gaza.  Vi segnalo due articoli in merito a questa notizia, quello della BBC News, “Israel to construct barrier along Egyptian border,  e quello del Sole24Ore, “Un altro muro a difesa di Israele” (la foto del post è presa dall’articolo del Sole24Ore).

Appaiono significative alcune affermazioni riportate dai due giornali. «Alla fine non ci sarà scelta se non chiudere lo stato d’Israele in una barriera da ogni suo lato», ammette Bibi Netanyahu, il premier. «Volevamo diventare Atene. Una volta per tutte diventeremo la nuova Sparta», commenta il giornale Yedioth Ahronoth.

Questa volta la giustificazione del muro non è data dal pericolo dei militanti palestinesi, ma dal problema generale delle migrazioni che affligge tutto il “Nord del mondo”: la nuova barriera infatti verrà eretta per impedire l’immigrazione clandestina, perché «Siamo il solo paese del primo mondo dove la gente può venire a piedi dal terzo mondo e dall’Africa” ha affermato sempre il primo ministro.

Non è però del tutto errata la considerazione che si punti non solo alla difesa del territorio, ma alla preservazione della stessa identità ebraica. La BBC infatti riporta che “I took the decision to close Israel’s southern border to infiltrators and terrorists. This is a strategic decision to secure Israel’s Jewish and democratic character,” the prime ministers said in a statement.

La difesa dell’ebraicità è dunque implicita in questo nuovo muro, anche se, come scrive il Sole24Ore, la vocazione settaria sembra incompatibile con quella democratica”.

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Oggi una mia amica mi ha parlato della necessità di mettersi a ragionare seriamente sugli strumenti e sui principi della pianificazione, ferma ormai su concetti radicati ma ormai, operativamente, quasi privi di consistenza, almeno nella maggioranza delle politiche pubbliche.

Uno di questi concetti è la sostenibilità, e su questo concetto, mentre si discute molto a livello di principi e di micro-progetti, forse le nostre città ancora poco lavorano quando si tratta di strumenti tecnici politico/amministrativi e di visione generale dello sviluppo del proprio territorio.

Mi è quindi venuta in mente la nascente città a impatto zero, Masdar City, che, come molti dei più visionari progetti della città del futuro, nascerà negli Emirati Arabi a pochi chilometri da Abu Dhabi. Non una “normale” città nuova costruita dal nulla, ma viene definita una vera e propria nuova forma di convivenza urbana. Un visione urbana, insomma.

masdar cityE infatti il sito di Masdar City parla della città come dell’espressione fisica di una visione. La nascita di questa città rientra in un mega-progetto denominato proprio The Masdar Initiative; come scritto nel sito, “Abu Dhabi has established its leadership position by launching the Masdar Initiative a global cooperative platform for the open engagement in the search for solutions to some of mankind’s most pressing issues energy security climate change and the development of human expertise (…)

Tra gli obiettivi fissati dal progetto ideato dal grande architetto Foster, e che sono elencati sul sito, ci sono: 100% energia rinnovabile, carbon neutral, zero waste. Masdar city promette di fissare nuovi benchmarks per la sostenibilità delle città del futuro.

Un interessante articolo su questa visione di città è stato pubblicato qualche mese fa nella sezione online “Le città illuminate” dell’inserto Nova del Sole24Ore, articolo dal titolo “La città dell’energia” a firma di Alessandra Viola. Anche qui, oltre a interessanti descrizioni e ad alcuni dati, viene ripreso il concetto di visione: “La città del futuro, capace davvero di proporre un nuovo modello di convivenza sociale e urbana, dovrà ricondurre il problema energetico e ambientale alla loro dimensione essenziale, l’uomo. (…) Masdar invece si propone al mondo come laboratorio vivente di convivenza sociale e buone pratiche. Un work in progress di nuove tecnologie per l’energia (vi ha già aperto, con il sostegno del Mit, un ambizioso centro di ricerca), riciclaggio, mobilità e tecniche per lo smaltimento dei rifiuti. Ma soprattutto vuole essere un laboratorio umano, dove immaginare i cittadini del futuro.

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