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Posts Tagged ‘simboli’

In alcuni post e in alcuni articoli di qualche tempo fa ho descritto la Sarajevo che cambia, e che, a vent’anni dalla guerra, non è più la città che era prima. Il cosmopolitismo, la convivenza, il carattere plurale della popolazione erano fatti concreti, non solo slogan, erano carattere intrinseco di Sarajevo come di altre città della Bosnia Erzegovina. La città nei suoi simboli, nella vita quotidiana e nelle relazioni era una città plurale.

Come ho detto altre volte, e come sostengono altri studiosi e osservatori, la guerra è stata condotta innanzitutto contro le città, contro lo spirito delle città, contro la pluralità e la convivenza . L’urbicidio non ha significato solo la distruzione di parti fisiche delle città, ma la cancellazione tragica dello spirito cosmopolita e plurale delle città. E nei simboli, nelle relazioni e nella quotidianità Sarajevo non è più Sarajevo.

Sono in parte d’accordo con chi dice che non bisogna più fermarsi troppo a parlare di conflitto e di divisioni, che bisogna iniziare a costruire il futuro, ma di certo il futuro della Bosnia non può trarre giovamento da una situzione che appare sempre più critica. (altro…)

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Eccomi tornato dopo quasi un mese, dopo un paio di bei viaggi, tra Romania, Serbia, Croazia e Bosnia, dei quali cercherò di riportare qui qualche notizia, riflessione, immagine…

Sarajevo_parlamento_09Sono finalmente tornato a Sarajevo. Sarajevo sta cambiando. Si sta riprendendo, si recupera, si rinnova, è dinamica, pur nel suo ritmo ammaliante balcanico-ottomano. Ma cosa è Sarajevo oggi?

Ho affermato più volte nei miei articoli che la guerra ha cambiato le città dei Balcani. Possiamo affermare che le città hanno subito una vera e propria rivoluzione al contrario, perdendo il loro carattere cosmopolita, multiculturale, di pluralità e multi-presenze. Ciò è avvenuto attraverso processi di omogeneizzazione sociale, una radicalizzazione dell’appartenenza che ha determinato una semplificazione della composizione sociale. E questo nelle città determina un’occupazione iconografica dello spazio urbano e del paesaggio in generale, con una sovrapposizione di cittadinanza e nazionalismo. (altro…)

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giorno-memoria-09Oggi si celebra la Giornata della Memoria e come sempre si celebra a Trieste una delle cerimonie più importanti a livello nazionale, presso la Risiera di San Sabba, perché questo fu l’unico lager in Italia dove fu attivato un forno crematorio.

Dal sito ufficiale del Museo della Risiera del Comune di Trieste leggiamo: “La Risiera di San Sabba – stabilimento per la pilatura del riso edificato nel 1913 – venne utilizzata dopo l’8 settembre 1943 dall’occupatore nazista come campo di prigionia, e destinato in seguito allo smistamento dei deportati diretti in Germania e Polonia, al deposito dei beni razziati e alla detenzione ed eliminazione risiera-ssabbadi ostaggi, partigiani, detenuti politici ed ebrei. Il 4 aprile 1944 venne messo in funzione anche un forno crematorio. Nel 1965 la Risiera di San Sabba fu dichiarata Monumento Nazionale con decreto del Presidente della Repubblica. Nel 1975 la Risiera, ristrutturata su progetto dell’architetto Romano Boico, divenne Civico Museo della Risiera di San Sabba.(altro…)

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Dire che l’avevamo quasi anticipato con il post di pochi giorni fa è troppo, ma sicuramente la notizia di oggi non ci coglie di sorpresa. E il titolo di questo post ribalta il titolo di quel post, indicando volutamente il fatto che, quando la crisi colpisce le aziende più rappresentative di una città, colpisce le città stesse e i loro simboli di sviluppo.

nyt-grattacielo1E così dopo la crisi dell’auto a Detroit, di cui magari scriverò a breve, in questi giorni fallisce l’editoria, tanto che, come riportano i giornali italiani, il New York Times è stato costretto ad ipotecare il nuovissimo grattacielo di 52 piani da poco realizzato dal grande architetto Renzo Piano sulla Ottava Avenue.

Il grattacielo nuova sede del New York Times ha avuto grande risalto perchè è stato il primo a sfodare la “architettura della sicurezza” frutto della paura dopo l’11 settembre 2001. Un grattacielo luminoso, di più di 300 metri, con un materiale che filtra la luce del sole permettendo una distribuzione omogenea della luce, dando l’idea di trasparenza e leggerezza.

Un grattacielo simbolo insomma, per la qualità dell’edificio ma anche per il messaggio di speranza e di futuro per New York.

Ma se, come ha detto Piano all’inaugurazione, questo grattacielo “è lo specchio di New York“, oggi possiamo dire che è lo specchio della crisi, che è anche delle città e delle loro economie.

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