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Posts Tagged ‘Il Piccolo’

“L’imbuto” di Neum è sempre stato un punto critico per tutti quelli che si dirigono verso Dubrovnik lungo la strada costiera della Dalmazia: per alcuni un incubo, per le lunghe code estive, spesso una scocciatura, per chi deve attraversare due controlli di confine senza in fondo voler entrare in un altro paese, per tanti una curiosità, questa striscia di costa bosniaca che taglia la costa croata.

Neum è l’unica città della Bosnia Erzegovina sul mare, e i suoi 25 km di costa rappresentano lo sbocco al mare dello stato bosniaco. Un breve tratto di costa che di fatto interrompe, e divide, la costa della Croazia, e costringe appunto a controlli di confine anche chi è solo di passaggio.

Varie proposte, soprattutto da parte croata,sono emerse negli anni con l’intento di risolvere questo “problema” e bypassare la Bosnia. A lungo la soluzione maggiormente probabile è stata la costruzione di un ponte che collegasse la Penisola croata di Pelješac alla costa (il cosiddetto Pelješac Bridge).

Sembra proprio che  questo “nodo” verrà finalmente risolto, e dove non ha potuto la volontà politica, ora può la crisi economica. Il citato ponte infatti sarebbe costato circa 300 milioni di euro, e la Croazia ha abbandonato l’idea proprio per l’insostenibilità economica dell’opera. Pochi giorni fa infatti rappresentanti della Bosnia Erzegovina e della Croazia hanno trovato un accordo sulla questione (come riportato da Balkan Insight), e hanno deciso di costruire un breve tratto di autostrada che passa in territorio bosniaco, alle spalle di Neum, che permette di non dover “uscire”, e quindi di proseguire la strada senza controlli di frontiera, a chi desidera continuare verso il sud della Croazia (vedi le dichiarazioni dei Ministri dei due paesi).

Come riporta un articolo de Il Piccolo che dà anche altri particolari (tra i quali una riunione prevista per il 3 maggio), questo accordo, su 18 km di autostrada, rientrerà in un più ampio accordo tra i due paesi, anche in vista dell’entrata nella UE della Croazia.

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Che la soluzione dei conflitti balcanici attraverso la divisione non fosse una scelta “costruttiva” era chiaro ai più, e a molti era chiaro che tale scelta comportasse, in ogni caso, la necessità di un’attenzione e di una collaborazione costante perchè fosse sostenibile.
Le notizie che si fanno sempre più numerose e più frequenti in questi giorni, in particolare dal Kosovo, non possono non preoccupare: si rincorrono le parole “scontri”, “tensione”, “disordini” e “attacchi”.
Mitrovica torna ad essere la città simbolo dello scontro e delle divisioni. Si parla sempre più di civili armati, di sparatorie, di attacchi, di gruppi armati paralleli, nelle cronache e negli articoli. Solo per citarne alcuni: “I civili kosovari si armano e Belgrado lancia l’allarme“, un articolo di Stefano Giantin su Il Piccolo del 20 aprile scorso; “Incidents in Kosovo, Serbs targeted again“, su B92 il 13 aprile; poi gli spari a Mitrovica riportati dall’Ansa di oggi nell’artciolo “Kosovo, elezioni in Serbia, continua a salire la tenzione a Nord” . Molti legano questi fatti nel nord del Kosovo alle elezioni che si terranno in Serbia il prossimo 6 maggio, che, come è facile intuire, vedono nella questione Kosovo uno dei temi di maggiore scontro politico.

Eppure le notizie preoccupanti non giungono solo dal Kosovo. Anche la Macedonia nelle ultime settimane è teatro di particolari tensioni. “Macedonia, disordini dopo il pluriomicidio“, riporta Corriere.it sempre il 13 aprile scorso, parlando di tensioni a sfondo etnico tra i macedoni e gli albanesi. E su EastJournal un articolo di Matteo Zola ci spiega come qualcosa di più preoccupante stia succedendo in “MACEDONIA: L’incantesimo spezzato. Scontri tra macedoni e albanesi, sale la tensione e l’Europa sta a guardare“.

E, come dice appunto quest’ultimo articolo, l’Europa, ancora una volta, sta a guardare. Presa dai suoi problemi interni, dalla sua crisi, dalle sue divisioni e dai suoi estremismi, l’Europa è distratta e indifferente a quanto sta capitando in questi giorni. Senza capire che, io credo anche questa volta, il futuro dell’Europa si gioca anche nei Balcani.

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Non parlo molto di Trieste in questo blog, forse perchè l’entrare nelle questioni del luogo dove vivo e lavoro inevitabilmente mi porterebbe a commenti e giudizi legati più alle “beghe locali” che non ai contenuti dei post.

Oggi però voglio citare non un politico, non un accademico, non un attivista delle questioni del confine e della memoria, ma richiamare un articolo odierno del quotidiano cittadino, Il Piccolo, che fa un’intervista al Vescovo di Trieste, Eugenio Raviganni, che finisce il proprio mandato e traccia quindi un bilancio degli anni trascorsi. Al di là delle idee e delle posizioni religiose di ognuno di noi, credo valga la pena leggere l’intervista perchè viene da una persona che ha operato in una posizione da osservatore privilegiato della vita della città.

E qui voglio solo riportare la frase riguardante Trieste vista come “città in crescita ma ancora divisa“:

«Rispetto chi crede si possa arrivare a una lettura condivisa della storia, ma io ancora non la vedo. La purificazione della memoria è invece un atto di volontà, un impegno morale».

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Abbiamo parlato pochi giorni fa della lentezza come valore per la riappropriazione delle città e la riconquista di spazi fisici e sociali sostenibili, nel post sull’iniziativa Slow Down London. Oggi vi segnalo due interessanti spunti su questo tema, una notizia e un bellissimo testo.

photo-of-david-sleator-irishtimecomLa notizia arriva dall’Irlanda e riguarda la decisione del governo di promuovere e incentivare l’uso della bicicletta. Come riportato su un articolo di Internazionale, la crisi ha spinto l’Irlanda apuntare sul mezzo di trasporto più economico e più ecologico e “il 20 aprile il ministro dei trasporti di Dublino, Noel Dempsey, ha presentato un documento in 109 punti per moltiplicare il numero dei ciclisti entro il 2020“. L’uso della bicicletta in Irlanda è considerato di gran lunga al di sotto del potenziale utilizzo, ed è davvero interessante leggere che, con le decisioni prese,il traffico dovrà adattarsi alle esigenze dei ciclisti. Tra le misure principali, riportate dall’articolo dell’Irish Time (citato da Internazionale), troviamo:

– 160,000 people cycling to work each day by 2020 – up from 35,000 now;

– Safe cycling routes to all schools in the State;

– A speed limit of 30km/h near schools;

– New secure bike parks in bus and train stations and other public spaces;

– Adapting trains and buses to carry bicycles;

– Shared-bicycle schemes in all cities with populations over 100,000;

– Better training for cyclists and drivers in relation to cyclists;

– Traffic-calming in urban areas;

– Redesign of major road junctions to make them cycle-friendly;

– Retrofitting of roads, quality bus corridors and bus-lanes to accommodate proper cycling lanes;

– Two-way cycling lanes on streets that are one-way for traffic;

– A proposed scheme where workers who use bikes instead of cars will be entitled to receive travel/mileage expenses.


Sul tempo del viaggio in bicicletta, sul ritmo della bicicletta, e “sulle partenze e ritorni del viaggiatore leggero”, vi segnalo un bellissimo articolo di Paolo Rumiz sul quotidiano Il Piccolo di oggi , intitolato “La grammatica del viaggiatore alla larga dalla strade veloci” (vedi la prima pagina, purtroppo l’accesso al giornale è a pagamento). Spero che molti di voi riescano a leggerlo, qui due passi molto significativi:

La vita si consuma andando, partendo, telefonando, tornando. E se mio figlio avesse avuto ragione? E se il gerundio inverso avesse senso? Forse oggi quella capriola grammaticale può tornare utile per rivendicare una rinnovata nobiltà dell’andare e una nostra presenza meno effimera in questo mondo di mobilità forzate. Ma sì, vorrei che un giorno la gente dicesse persuasa: “Sì, noi andiamo stando”.

(…)

“Vorrei dirvi la meraviglia del viaggio leggero, cominciando dall’arte di tagliare i ponti o dalla scienza millenaria della “traccia”. Comunicarvi la tecnica di sognare sulle mappe e poi partire facendone a meno. Farvi capire la febbre da viaggio e il panico da ritorno; la voglia impossibile di fare un Camino de Santiago al contrario; l’enigma del taccuino che determina l’andatura o il teorema della lentezza che allunga il tempo e accorcia lo spazio. Per non parlare della formula – mai spiegata da alcun matematico – del peso che alleggerisce.”

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